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Mercoledì, 24 Marzo 2021 17:46

Spegni la luce - terza parte

Scritto da Silvio Madonna

La terza parte del racconto inedito di Silvio Madonna

Spegni la luce. La prima parte del romanzo inedito di Silvio Madonna - Zaffiro Magazine Giornale Online

Contromossa

Non restava che attendere ed incrociare le dita. Furono ore difficili per il ragazzo, divorato dal dubbio di aver fatto la cosa più sciocca, rendendo la situazione ancora più intricata di quanto già non fosse: avrebbe dovuto farsi avanti di persona, a fronte alta chiarire e scusarsi, e invece aveva scelto la strada più facile, quella del messaggio sul vetro, che poteva essere sfuggito o se colto considerato infantile. E quel non avere risposta ormai da due giorni deponeva per un fallimento irrecuperabile. Quando ormai, pur confortato da un Sam solidale, era ad un passo da uno scoramento definitivo avvenne la novità. Guardando per la millesima volta fuori, non appena tornato da scuola, vide Giorgia che lo stava impallinando: sentì di arrossire, di nuovo quella mollezza alle gambe, però seppe resistere e accettare la sfida. La vide alitare sul vetro, rendendolo ancora più opaco, e tracciarci al contrario perché lui potesse leggere: Ciao, io sono Giorgia: e tu? Sottolineò il messaggio strisciando l’indice della mano destra per un metro e aggiunse il suo mail: poi abbandonò la sua camera da letto con la luce accesa perché i caratteri risaltassero ben chiari. Pur imbambolato, quasi che una bastonata invisibile ma tosta lo avesse tramortito, definì all’istante che il suo appello era stato raccolto e che goffamente non si era neanche presentato per nome. Trascrisse agitato i caratteri alfa numerici attento a non confonderli e irrorò di corrente il suo mai tanto amato come in quell’occasione PC.

Salutino veloce

 

Era la prima volta che Andrea si trovava a scrivere ad una ragazza che non conosceva ma che di fatto sapeva chi fosse.

Visualizzò il nuovo contatto e tracciò l’oggetto di quell’esordio telematico: salutino veloce.

Debuttò riparando all’omissione iniziale con il suo nome, la sua età, aggiungendo telegraficamente cosa facesse e quali fossero le sue passioni: poi sottolineò quanto si sentisse mortificato per quel suo averla spiata e che sperava che le sue scuse sincere fossero accettate.

Concluse con il rituale e insipido un bacio e schiacciò il tasto invio!

Rimase per alcuni minuti davanti al video a scorrere quanto affidato al modem.

Aveva detto tutto?

Era stato chiaro?

Avrebbe risposto Giorgia?

Nell’interrogarsi realizzò che quel mail lo aveva fatto crescere, aprirsi, esibire in delle scuse sentite: era pronto a fare la nuova esperienza di essere se stesso senza finzioni, ad apparire senza un filtro che lo proteggesse.

Dipendeva da lei: non tanto da cosa avrebbe risposto ma da come lo avrebbe fatto.

Quel pentimento avrebbe potuto ignorarlo ripagando il suo sforzo con uno sferzante silenzio o accettarlo e rilanciare la palla.

Mai come allora sperò che quella storia, iniziata per caso e male, potesse non concludersi lì: guardò Sam e incrociò le dita per lo scongiuro del caso.

Il cane lo imitò prontamente: pancia a terra sul suo tappetino inviolabile sovrappose le zampe pelose solidale come sempre con il suo unico amico.

Giorgia rilancia

 

La sera stessa, prima di andare a letto, Andrea entrò in Rete per controllare se c’era posta da scaricare: ci sperava fortemente e non restò deluso!

Prima di leggerla volle stamparla, quasi che il fatto di vedere quelle parole scritte su un foglio gli potesse dare la certezza che non stava sognando.

Giorgia fu assai formale: ricambiò i saluti, non anticipò nulla di se, e pose l’arcigna domanda, in fondo retorica, su quale fosse stato il senso di quelle interminabili ore trascorse ad osservarla quando, se lo scopo era quello di fare la sua conoscenza, tutto si poteva fare con maggiore immediatezza.

A concludere un post scriptum in cui, a sorpresa, gli regalava il numero del suo cellulare.

Il ragazzo strinse tra le sue mani nervose quella pagina fresca di stampa: nel tepore del letto si contorse l’animo sul significato di quelle parole, interpretandole a volte come una condanna tracimante un disprezzo senz’appello, a tratti come il pretendere una spiegazione dovuta, un suo generoso lasciargli aperta una porta.

Optò per la seconda ipotesi rafforzata da quel numero che lasciava intravedere uno spiraglio.

Io lo farei

 

Al risveglio quell’ottimismo che sentiva essersi impossessato di lui la sera precedente si era dissolto: Giorgia aveva soltanto freddamente rilanciato al primo messaggio senza scoprirsi e inoltrato con calcolata provocazione il numero del suo cellulare.

Una sfida rilanciata alla grande in un gioco sempre più complicato per lo scontroso Andrea: forte d’immagine ma fragile nella sostanza.

Passò la mattinata a scuola con la testa fra le nuvole, a tormentarsi se farla, o non, quella benedetta chiamata.

Era venerdì e in quel fine settimana i suoi genitori si sarebbero assentati per fare un salto, anche se in inverno, nella loro casa al mare: sua madre predicava convinta che quello era il periodo migliore dell’anno per potersi rilassare sul litorale, quando la bellezza primitiva della natura non va condivisa con nessuno!

Lui sarebbe rimasto a Roma, con la sorella e con il solito incubo delle sue amiche che avrebbero passato la notte in casa a tormentarlo.

Non ci riusciva proprio a ribellarsi: aveva paura di farlo certo che nessuno gli avrebbe creduto e che dopo una sua denuncia sarebbe stato considerato ancora di più come un introverso con segnali preoccupanti di deviazione sessuale da seguire con maggiore attenzione, da far visitare da qualche collega psichiatra o sessuologo del padre e da non poter lasciare più con Chiara e le sue amiche che, poverine, chissà quali rischi avrebbero potuto correre.

Si comportò come sempre: cenò silenzioso unico maschio in quella cordata di femmine, soffrì il loro modo di guardarlo con insistenza e malizia, portò fuori Sam più a lungo del solito e al rientro si rintanò in camera, a chattare e ad aspettare nervosamente che la porta si aprisse e qualcuna lo volesse per se.

Gli andò bene perchè a sorpresa si fecero vivi due loro amici che si trattennero sino all’alba:

due universitari, prestanti fisicamente e strafatti di boria, che con la loro presenza distolsero l’attenzione morbosa delle ragazze dal loro passatempo preferito.

Un bel po’ dopo la mezzanotte prese il coraggio a due mani: era così tardi che le speranze di trovare ancora acceso il cellulare potevano dirsi minime.

Lui si sarebbe sentito a posto con la coscienza con quel tentativo fatto ma non riuscito e lei, riattivando il suo palmare il mattino successivo, avrebbe individuato la sua tra le telefonate perse.

Accadde l’esatto contrario: telefonino attivo e risposta immediata.

Giorgia non gli chiese neanche chi fosse: come se lo sapesse, come se non aspettasse altro.

Dal vivo

Se Andrea aveva avuto, e continuava ad avere, dei vistosi problemi con l’altro sesso anche Giorgia non era da meno: pur essendo una bella ragazza e apparendo più adulta di quanto l’anagrafe certificasse per via del trucco e del modo di vestire sopra le righe era ancora illibata come solo una donna mai sfiorata da un bacio poteva esserlo.

Quella domenica mattina Andrea dimostrandolo, lei nascondendolo, erano entrambi emozionati.

Puntuali come dei nordici s’incontrarono tutte e tre - c’era anche Sam - alla fermata del bus, deserta come di più non avrebbe potuto esserlo.

Fu Giorgia a rompere il ghiaccio allungando con fare deciso la sua mano verso il sempre più disorientato Andrea: se le strinsero un attimo quasi scottassero, poi le nascosero frettolosamente nelle tasche capienti dei loro giacconi.

L’uno al fianco dell’altra, con Sam al centro a vigilare, si avviarono verso il parco, luogo intuito silenziosamente come il più adatto.

Andrea aveva dormito malissimo agitato dall’assillo di come esordire: si era preparato un percorso lessicale da seguire, eppure in quei momenti tutto sembrava dissolto, ogni passaggio confuso ed incerto.

Una cosa era pensare tra sè, un’altra esternarla.

A testa china, con la voce appena percettibile, ma senza girarci attorno, confidò a Giorgia che era contento che lei fosse lì, e che se non fosse stato per quel suo invito mai lui avrebbe trovato il coraggio di farlo.

Ammise che a spiarla aveva cominciato per gioco per poi farne una specie di fissazione a cui non poter più rinunciare: si mostrò dispiaciuto per non aver saputo cogliere appieno quel violare, così facendo, la sua vita privata.

Lo agitò con forza quel dispiacere, mostrando una vergogna palpabile: poi si fermò, alzò gli occhi verso i suoi, e le mormorò scusa tre volte arrossendo.

Toccava a lei dire qualcosa, archiviare quella vicenda: appoggiò la mano sinistra sulla spalla destra di un Andrea fronte a lei leggermente curvo e, senza sillabare una parola, lo baciò su una guancia.

Poi riprese a camminare affiancata dal frastornato ragazzo.

Anche Sam diede segni di ripresa vitalità: vide un gatto in lontananza e gli si buttò dietro quasi sino a prenderlo per poi fermarsi di colpo.

Aveva voglia di giocare, non di fargli del male.

Ma quale pranzo

Parlarono a raffica come se quello dovesse essere il primo ed unico incontro della loro vita.

Si era fatta l’ora di pranzo e Andrea, questa volta lui, propose a Giorgia di avvertire i propri famigliari che sarebbero rimasti nel parco, magari in compagnia di amici incontrati per caso dopo anni, a fare uno spuntino.

Chiamarono, festosamente mentirono, e senza problemi ebbero accordato il permesso.

Il bar restava aperto tutta la giornata e il suo gestore faceva degli ottimi panini arricchiti da mille salse colorate.

Chi fu costretto a far buon viso a cattiva sorte fu il povero Sam, che dovette accontentarsi di un paio di salsicce, divorate in un attimo, e di un po’ di pane.

Trascorsero ore nelle quali più si andava avanti con il proprio vissuto e più si era spinti a scendere nella propria intimità: dall’astrattezza di fatti episodici alla voragine dei propri impulsi!

Parlarono di amore, di affetto, di sentimento, vagamente anche di sesso.

Non che si seccassero nell’affrontare quell’argomento ma lo ritenevano, al momento, marginale rispetto alla profondità dei primi.

Percepirono la comunanza interiore di non aver mai provato quello che gli altri definivano amore: solo assaporato come concettualità ma senza mai averne gustato il profitto quando amando si sa di essere amati.

Tra loro fu sorprendentemente facile capirsi, sentirsi non più soli in quelle carenze tenute segrete e che se affrontate insieme sembravano più sopportabili.

Si era fatto tardi e il tramonto incombeva: decisero di salutarsi alla fermata del bus, dove al mattino si erano visti, per rientrare, da soli, nelle rispettive abitazioni.

Andrea, ormai slegato da quei tanti lacci che lo avevano da sempre ossessionato, si avvicinò al volto di Giorgia per darle un bacio di saluto: lei lo lasciò fare ricambiando a sua volta.

Poi, sospesi nell’incertezza di quel magico momento, si sfiorarono sulle labbra: senza toccarsi, con le braccia nascoste dietro alla schiena, rigide e tese come il resto del corpo.

Sam emise una sfilza di morbidi guaiti: una scena così doveva essere anche per lui una primizia.

Si presero ancora una volta negli occhi, si cercarono le mani calde e sudate per lasciarle andare poi con dolcezza, e volsero leggeri verso casa.

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