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Venerdì, 09 Aprile 2021 17:18

Disastro Moby Prince, 140 vittime, nel 1991 la più grande tragedia navale italiana dal dopo guerra

Scritto da Angela Curatolo

Il 10 aprile ricorre il disastro del Moby Prince, avvenuto nel 1991, che entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada del porto di Livorno.

In seguito all'urto si sviluppò un vasto incendio, alimentato dal petrolio fuoriuscito dalla petroliera, che causò incenerì tutte le 140 persone a bordo del Moby Prince, 65 persone d'equipaggio agli ordini del comandante Ugo Chessa, e 75 passeggeri, eccetto che del giovane mozzo napoletano Alessio Bertrand. Il 28 maggio 1998 la nave, posta sotto sequestro probatorio, affondò nelle acque del porto di Livorno mentre era ormeggiata alla banchina; fu poi recuperata e avviata alla demolizione in Turchia. Solo nel gennaio 2018 è stata pubblicata la relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta su quella che è stata, in termini di perdita di vite umane, la più grave tragedia che abbia colpito la Marina mercantile italiana dal secondo dopoguerra.

Costruito nel 1967 nei cantieri navali Cammel Laird & Co Ltd a Birkenhead in Gran Bretagna per la compagnia olandese Stoomvaart Maatschappij Zeeland e varato con il nome di Koningin Juliana ("regina Giuliana"), Moby Prince fungeva da traghetto in servizio di linea tra Livorno e Olbia, di proprietà della famiglia di armatori Onorato, tra il 1986 e il 1991, per la compagnia di navigazione privata Nav.Ar.Ma. Lungo 131,5 metri e largo 20, aveva una capacità di carico di 1500 passeggeri e 360 veicoli.

La sera della tragedia, si appurò, in seguito, l'equipaggio fece sistemare, in attesa dei soccorsi (attesi in brevissimo tempo, vista la vicinanza delle banchine del porto), gran parte dei passeggeri nel salone De Luxe posto a prua della nave e dotato di pareti e porte tagliafuoco. Le fiamme provenivano appunto dalla parte anteriore della nave e, raggiunto il salone, lo "scavalcarono", passando intorno e infiammando tutti gli arredi e le strutture circostanti al suo perimetro. In questo modo il salone De Luxe si trovò esattamente al centro dell'incendio e, quando l'equipaggio si accorse del ritardo dei soccorsi, non fu più possibile evacuare le persone dall'uscita posteriore del salone, tanto meno da quella anteriore, già luogo di provenienza delle fiamme.

Gli esami tossicologici rilevarono inoltre un elevatissimo tasso di monossido di carbonio nel sangue delle vittime, sintomo del fatto che in molti sopravvissero per ore (anche in stato di incoscienza) all'incendio, e non tutti quindi morirono a causa delle fiamme nel giro di pochi minuti dall'impatto.

Sulla vicenda ancora dubbi. I familiari delle vittime del Moby Prince si sono costituiti in due associazioni. La prima denominata "140" è presieduta da Loris Rispoli il quale, nel rogo del traghetto, ha perso la sorella. Tale associazione raccoglie la maggioranza dei familiari. La seconda, quella più recente, denominata "10 aprile" è presieduta da Angelo Chessa, figlio del comandante del Moby Prince, il com.te CSLC Ugo Chessa.

Entrambe le associazioni continuano a chiedere alle autorità competenti che sia fatta luce e giustizia su questo terribile avvenimento.

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