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Venerdì, 07 Gennaio 2022 15:59

Graal, tracce, storia e essenza.

Scritto da Nicoletta Camilla Travaglini
Sacro Graal di Dante Gabriel Rossetti Sacro Graal di Dante Gabriel Rossetti

Nicoletta Camilla Travaglini

Una coppa, una pietra magica caduta dal diadema di Lucifero, una cura contro i mali del mondo, il Graal è legato alle reliquie più conosciute della cristianità. Ecco come.

Che cos’è il Graal?

In origine, secondo alcune versioni, il Graal, era la pietra, uno smeraldo, più preziosa e lucente del diadema di Lucifero, l’Angelo più bello del Creato. Cadde sulla Terra quando questi ingaggio battaglia con gli Angeli e fu raccolto dagli uomini che lo usarono per fini non sempre nobili.

Altre versioni sostengono che quando Seth, il figlio di Adamo ed Eva, cercò di salvare suo padre da una letale malattia, tornando nell’Eden, egli non trovò nessuna cura specifica per lui, ma una cura per tutti i mali del mondo, insieme a una promessa che Dio non avrebbe mai abbandonato il genere umano e pare che questo fosse il Graal.

La coppa.

Questo sacro oggetto smette di essere qualcosa di metafisico per entrare nella realtà percepibile, quando Giuseppe D’Arimatea, un ricco ebreo forse parente di Gesù, raccoglie il Sangue del Cristo proprio nella coppa che poi verrà definita Santo Graal.

Dopo la crocifissione, il corpo di Gesù , fu dato in consegna a Giuseppe D’Arimtea e gli fu dato anche la coppa dell’Ultima Cena, con la quale il maestro celebrò questo rito. Lavò il Corpo del Defunto, ma mentre faceva questo dalle ferite uscì del sangue che Giuseppe raccolse nella coppa, quindi il Corpo fu avvolto in un sudario e fu messo nel sepolcro, ove dopo tre giorni Resuscitò.

Dopo la Resurrezione Giuseppe fu imprigionate dai romani con l’accusa di sottrazione di cadavere e privato del cibo, fu lasciato languire in un umida cella, dove un giorno gli apparve Gesù risorto ammantato di luce che gli consegnò la coppa rivelandone, anche le virtù della medesima; Giuseppe fu tenuto in vita grazie a una colomba che portava tutti i giorni un’ostia nella coppa.

Era il 70 d. C. quando Giuseppe D’Arimatea fu scarcerato, insieme a sua sorella e a suo cognato Bron. Questi scelsero, per causa di forza maggiore, l’esilio e partirono su una nave che li portò oltreoceano, verso un’isola sconosciuta dove, perpetrarono le loro tradizioni. Qui costruirono una tavola come quella usata per l’Ultima Cena dove presero posto dodici commensali, mentre il tredicesimo fu lasciato vuoto, perché era quello che avrebbe dovuto essere occupato da Gesù. Se questa sedia veniva inavvertitamente occupata avrebbe eliminato all’istante il commensale, per questo esso ebbe il nome di “Seggio Periglioso” e la tavola fu chiamata “Prima Tavola del Graal”.

Passarono alcuni anni in questa terra sconosciuta e Giuseppe sentì il bisogno e la voglia di andare via e durante uno dei suoi tanti peregrinaggi per le vie del mondo, si fermò in Bretagna precisamente a Glastonbury, dove fondò la prima comunità cristiana che doveva soppiantare l’antica religione dei Druidi.

Il primo tempio cristiano, qui fondato fu dedicato alla Madonna o, secondo alcune versioni a Maria Maddalena e in questo luogo che rimase il Graal che veniva utilizzato durante la funzione religiosa.

Il Re Pescatore

Alla morte di Giuseppe il Graal fu custodito da suo cognato che grazie alla coppa riuscì a sfamare tutti i suoi seguaci.

Dopo Bron il Graal passò nelle mani di un nuovo custode che conservò la sacra reliquia in un castello sulla Montagna della Salvezza di cui ignoriamo l’ubicazione. Nacque in quegli anni anche un ordine cavalleresco che, venne denominato come l’Ordine dei Cavalieri del Graal, con il compito di proteggere questa coppa; si nutrivano delle ostie che la reliquia dispensava e il loro capo e custode del divino recipiente ricopriva la carica di Re Sacerdote.

Uno di questi custodi fu ferito, secondo alcune versioni, dalla lancia di Longino e divenne sterile come la terra nella quale era ubicato il castello che custodiva la divina coppa. Molti hanno visto un parallelo tra il Re Ferito, come venne denominato da allora in poi il custode del Graal, e la figura di San Rocco che in molte immagini viene raffigurato con una ferita alla gamba.

Il Re Ferito trovava sollievo solo pescando e così fu definito anche come Re Pescatore ed egli sarebbe stato salvato da una domanda ben precisa fatta da un cavaliere puro di cuore; da qui che inizia la saga di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda.

La Lancia di Longino

La lancia di Longino è l’arma con cui il centurione romano trafisse il costato di Gesù crocifisso, pare che avesse, come il Graal, delle doti magiche molto forti, perciò fu custodita insieme ad altre reliquie come: ad una spada e al piatto che resse la testa di Giovanni Battista, all’interno del castello del Monte della Salvezza. Questi quattro oggetti magici hanno influenzato la nostra cultura italiano poiché sono riprodotti nei semi delle carte da gioco.

Gli oggetti magici degli angeli

Questa tradizione degli oggetti magici ha radici molto antiche e profonde presenti in culture millenarie come quelle asiatiche nelle quali si raccontano leggende secondo cui degli angeli sarebbero scesi dal cielo e si sarebbero stabiliti nel deserto dove avrebbero rivelato agli uomini la loro cultura superiore. Prima di scomparire per sempre questi Dei avrebbero lasciato quattro potentissimi talismani in grado di conferire poteri simili ai loro dei: una pietra, una spada, un calderone e una lancia. Questi oggetti sono presenti in quasi tutte le tradizioni. La pietra, ad esempio, potrebbe essere quella nera della Ka’ba, la spada potrebbe essere quella nella roccia, la coppa il Graal e la lancia forse quella di Longino.

L'Assedio di Masada

Alla morte di Erode, Israele, fu divisa in un mosaico di staterelli, che solo nel 6 d. C. divennero Provincia romana, con tutti gli onori e oneri che ciò comportava. Gli ebrei insofferenti all’allora stato di cose, insorsero, dapprima con piccole sommosse culminati, poi, in vere e proprie rivolte. Mentre la Galilea bruciava, Roma, inviò un poderoso esercito per domare questi fuochi atti a spezzare il giogo degli invasori; paese dopo paese, città dopo città la zona settentrionale della Galilea si arrese e l’esercito giunse fino alle mura di Gerusalemme dove, forse corrotto dagli insorti, si fermò. Nonostante queste vittorie, gli ebrei continuarono a lottare e così nel 66 d. C. il generale Vespasiano, futuro imperatore, fu incaricato di riportare la pace nella provincia. Era il 68 quando le truppe del futuro imperatore si fermarono a causa della morte dell’imperatore Nerone e tornarono a Roma. Nei diciotto mesi di tregua, gli ebrei non riuscirono a riorganizzare una resistenza duratura e così mentre Vespasiano fu incoronato imperatore suo figlio Tito partiva alla volta di Gerusalemme per riconquistarla. L’assedio fu lungo e sanguinoso ma alla fine i romani ebbero ragione degli assediati e così entrarono trionfalmente in città dove si abbandonarono a ogni genere di violenza. Molti furono crocifissi sulle mura della città, le strade pullulavano di cadaveri appesi alle croci, il Tempio fu profanato, derubato bruciato e infine raso al suolo, sulla cui terra fu buttato il sale. Alcuni gruppi di persone appartenenti alla casta degli Zeloti si arroccarono nell’antica fortezza di Masada, essi resistettero per lungo tempo, finché, come narra una leggenda, una ragazza si innamorò di un soldato; essa, per amore, rivelò all’uomo dove erano i pozzi che alimentavano la città, i romani, allora, chiusero i pozzi e gli assediati furono costretti a arrendersi, ma per non subire l’onta della sconfitta si uccisero tutti. I romani penetrarono nella cittadella e trovarono solo tanti cadaveri sparsi per la città.

Il monte Golgotha

Dopo aver domato la rivolta Tito fece erigere delle mura intorno al monte Golgotha e vi mise della terra intorno, quindi, lo fece spianare fino a trasformarlo in un pianoro, che conteneva al suo interno il Sepolcro con le spoglie mortali del Cristo. Non contento di ciò proibì il culto del cristianesimo e gli ebrei furono costretti a disperdersi per i quattro angoli del mondo. Furono anni difficile per i cristiani e le loro tradizioni, queste infatti, furono affidate a sette segrete con a capo un vescovo di nome Marco.

Costantino e la coppa

Con l’avvento di Costantino sul trono, le cose cambiarono radicalmente; i cristiani uscirono dalla clandestinità e quando nel 314 divenne signore anche delle terre d’oriente, lui e sua madre Elena, rimasero affascinate dalle leggende che aleggiavano intorno al Santo Sepolcro. Così in breve tempo si iniziarono gli scavi per riportare alla luce questi tesori; si narra, che durante questi lavori, Elena avesse trovato un oggetto, forse una coppa, dove si raccolse il Sangue di Gesù.

Sulle tracce del Graal

A questo punto la storia del Graal si fa sempre più confusa e lacunosa; secondo alcune fonti esso finì in Bretannia, dopo che Roma fu depredata dai Visigoti nel 400 d. C. e pare che questa reliquia giaccia in fondo a un pozzo a pochi passi dalla presunta tomba di un nobile cavaliere, forse re Artù.

Altre testimonianza parlano di un imperatore bizantino che nel I secolo d. C., dopo aver sottratto ai persiani alcune reliquie, forse anche il Santo Calice, esse siano state portate a Costantinopoli.

Reliquie

Alcune leggende affermano che a Costantinopoli vi fossero confluite tantissime reliquie sacre tra cui la Sindone, i Chiodi con cui Gesù fu crocifisso, alcune spine della Corona, di cui una oggi è a Vasto e naturalmente il Graal, che pare contenesse la Sindone medesima. Sembra che questi due oggetti abbiano seguito lo stesso cammino, ma queste sono solo supposizione; comunque il Santo Sudario, nel 1204, durante il sacco di Costantinopoli, da parte dei Templari, era qui e fu portata poi a Lirey in Francia e da qui a Torino.

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