Giovedì, 18 Novembre 2021 17:13

Mansplaining, il paternalismo che allena le donne all'insicurezza

Scritto da Angela Curatolo

Individuare un comportamento e codificarlo con un nome può aiutare a capire le radici di un atteggiamento sociale che può degenerare in aggressività, violenza, ad esempio, di genere.

Quel tipo di atteggiamento paternale e arrogante di alcuni uomini quando spiegano un concetto a una donna, come se lei non ne fosse a conoscenza oppure un qualcosa di ovvio o cui l'interlocutrice già sappia bene cosa sia o ne sia competente e specializzata, ricorrente nei luoghi di lavoro o in famiglia, tra amici, ha un preciso lemma da oltre 11 anni: mansplaining.

Interrompere una donna mentre sta parlando, parlare di argomenti che non si conoscono, insistere con consigli inopportuni, non richiesti, sono comportamenti che esprimono tutti l'intenzione di sminuire la professionalità, le capacità di una donna solo perchè è tale. Con uomo probabilmente non farebbero così.

Ispirata da un libro di Rebecca Solnit, Men Explain Things to Me (Gli uomini mi spiegano le cose) una raccolta di saggi, in cui descrive questa fastidiosa pratica di alcuni uomini, la parola nel testo non viene mai menzionata purtuttavia.

I sette saggi del volume vertono su come le donne, professioniste e esperte, sono abitualmente viste o trattate come meno credibili degli uomini. Un sintomo di un fenomeno diffuso che "impedisce alle donne di parlare e di essere ascoltate quando osano, costringe le più giovani al silenzio, ad esempio come accade per le molestie per strada. Un atteggiamento che porta a pensare che sia il mondo degli uomini e allena, invece, le donne all'insicurezza, all'autolimitazione alimentando, nel contempo, l'eccessiva fiducia in se stessi degli uomini".

Mansplaining ha una storia curiosa e paradossale.

La scrittrice, riferendo della nascita del lemma, racconta che parlando con un uomo a una festa dei propri libri, cita il più recente, su Eadweard Muybridge. L'uomo la interrompe e le chiede se abbia sentito parlare "dell'importantissimo libro" su Muybridge uscito quell'anno, escludendo a priori che possa trattarsi proprio del suo libro: in effetti è proprio il libro della sua interlocutrice. Rebecca Solnit definì nel suo saggio il comportamento dell'uomo con la frase "ogni donna sa a cosa mi riferisco".

Gli ingredienti alla base di questo atteggiamento sono per lei "eccessiva sicurezza e ignoranza" Il fatto fu commentato sul social network LiveJournal col termine mansplaining che poi divenne popolare.

Solnit sostiene che questo atteggiamento svilisce la professionalità e la credibilità delle donne, potrebbe tradursi in una delle tante cause che portano alla violenza contro le donne, alle molestie e persino allo stupro.

Il termine è l'unione delle parole inglesi man (uomo) e explain (spiegare), ed è stato incluso nei dizionari a partire dal 2014. Il New York Times ha inserito il termine tra le parole dell'anno del 2010.

L'equivalente in italiano non è ancora definito anche se Violetta Bellocchio abbia proposto l'espressione spiegazione virile. La traduzione nel Fernando Picchi, Grande Dizionario di Inglese edito da Hoepli, è spiegazione maschia. La scrittrice Michela Murgia utilizza il termine minchiarimento.

Il termine non ha messo tutti d'accordo. Ci sono giornaliste che lo hanno definito intrinsecamente prevenuto, essenzialista, sprezzante e un doppio standard, esempio di misandria. Solnit ha precisato in merito alle critiche mosse che non intendeva apparire come una donna che va giù pesante nel giudicare il sesso maschile a prescindere, ma semplicemente sottolineare che alcuni uomini parlano di cose di cui non sanno nulla e si rifiutano di ascoltare. Alcuni nel culmine della divulgazione della parola lamentarono che si stava usando impropriamente Mansplaining, usato, in fine, per mettere a tacere l'uomo nel dibattito.