Giovedì, 24 Aprile 2025 17:45

Il Vangelo della Santa Anarchia: una buona notizia oltre il confine delle religioni

Scritto da Carlo Di Stanislao

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"La verità è ciò che trasforma l’uomo, non ciò che lo consola."
— Georges Ivanovič Gurdjieff

C’è una voce che non si lascia afferrare.

Una vibrazione che attraversa i secoli, le religioni, i deserti interiori.
Un soffio che ci scuote, ci distrae, ci attira.
Questa è la Santa Anarchia.

Non è un’ideologia, non è un disordine.
È un ordine più profondo che emerge sotto la superficie delle cose,
nelle pieghe delle storie, nelle fragilità umane.
Ci sorprende in volti improbabili, in momenti improbabili.
È il Vangelo che nessuna istituzione può contenere,
ma che ogni cuore inquieto può intuire.

Ivo Bianchi ci ricordava che la spiritualità non è un’adesione ma un risveglio.
E Gurdjieff parlava di una verità che non consola, ma trasforma.
La Santa Anarchia fa proprio questo: smaschera, disincanta, apre.
Ci chiede discernimento. Ci chiede vulnerabilità.
Ci chiede fedeltà a ciò che non si può possedere.

È il Tao che scorre sotto le forme.
È la compassione del Buddha che dissolve le illusioni dell’io.
È la danza di Shiva che distrugge per rivelare.
È il cuore di Gesù, l’eretico mite, che spezza pane con chi è fuori dai recinti.
È l’Ubuntu africano, che dice: “Io sono perché noi siamo.”
È il silenzio dei mistici, la voce degli alberi,
la sapienza del sufi che canta in mezzo alla strada.

La Santa Anarchia ci insegna che la “purità” è illusione,
che la vera santità è una contaminazione sacra,
una presenza che resta anche quando tutto crolla.

Essa non ci chiede di essere perfetti,
ma di essere presenti.
Non di essere giusti,
ma di essere veri.
Non di dominare,
ma di amare.

E nel momento in cui vediamo, ci svincoliamo.
Nel momento in cui ci svincoliamo, testimoniamo.
Nel momento in cui testimoniamo, ci riconfiguriamo.
Non per diventare “migliori”,
ma per appartenere alla Vita con più radicalità.

La Santa Anarchia è più vicina quando rinunciamo al controllo,
quando ospitiamo l’alterità,
quando smettiamo di difendere le nostre strutture
e lasciamo che qualcosa di più grande ci trasformi.

È il Vangelo dell’imperfezione che libera.
Della comunità che riconosce i propri fallimenti
eppure continua a testimoniare.

È la Buona Notizia di un Dio che non stringe i pugni
ma apre le mani.

Meditazione: Nel cuore della Santa Anarchia

La Santa Anarchia
non urla, non forza.
Si insinua tra le crepe,
come vento tra le rovine,
come acqua nella pietra.

Non chiede di credere.
Chiede di vedere.

Vedere che l’ordine non è pace,
che la stabilità può essere prigione,
che l’armonia vera nasce
dal coraggio di restare nel caos
senza diventare caos.

È la voce che non ha nome,
che parla nei sogni,
nei bambini che ridono fuori tempo,
negli ultimi che osano sperare.

È il respiro del Buddha
sotto l’albero della resa.
È Krishna che danza
tra le fiamme dell’ego.
È Gesù che spezza pane
tra peccatori e profeti.

È il Tao che scorre,
non visto, non trattenuto.
È la Madre che abbraccia
anche ciò che non capisce.

È l’amore per ciò che è strano.
È l’apertura verso ciò che ferisce.
È la compassione che scardina i confini
e fa germogliare semi nel cemento.

Noi, fragili segnali sul sentiero,
non siamo la meta,
ma possiamo essere soglia.
Possiamo essere orecchio.
Possiamo essere grembo.

Il Vangelo della Santa Anarchia
è buono perché è debole,
è forte perché è vulnerabile,
è eterno perché non ha forma.

È la notizia che
non ci salva dal mondo,
ma ci immerge in esso
con occhi nuovi,
cuori disarmati,
mani vuote.

Così possiamo cominciare.
Ancora.
E ancora.