Martedì, 02 Settembre 2025 08:42

Santino Spinelli in concerto a Grosseto, l'incontro con il Papa, il Samudaripen e la musica

Scritto da reds

 - 5 settembre 2025, Giardino degli Arceri, 21,30 -

 Grosseto ospiterà il 5 settembre 2025 una tappa imperdibile del tour internazionale dell’Alexian Group di Santino Spinelli. Nel Giardino degli Arceri, alle 21,30, è in. Programma un concerto di canti e musiche rom in lingua originale. Un affascinante percorso artistico e culturale nei meandri di una cultura millenaria originaria dell'India con uno dei gruppi più celebri al mondo. Parole, colori e suoni ancestrali e moderni per un viaggio emozionante e coinvolgente. Alexian Santino Spinelli, musicista, compositore, scrittore, poeta e docente universitario, è il primo rom italiano nominato Commendatore della Repubblica per meriti artistici e culturali. 

L'intervista all'artista internazionale Alexian Santino Spinelli

Musicista, compositore, docente universitario e ambasciatore della cultura romanì
Alexian Santino Spinelli è un artista poliedrico: musicista, compositore, scrittore,
poeta e docente universitario. È il primo rom italiano nominato Commendatore dell’Ordine al
Merito della Repubblica per meriti artistici e culturali. Fondatore dell’Alexian Group e
dell’Orchestra Europea per la Pace, da anni porta la musica romanì nei teatri più prestigiosi
d’Italia e d’Europa, contribuendo alla diffusione e al riconoscimento della cultura romanì come
patrimonio universale. In questa intervista approfondiamo con lui i temi centrali della sua vita
artistica e accademica.
Professore Spinelli, lei appartiene a una comunità storica di rom del Sud Italia. Può
raccontarci qualcosa delle sue origini?
Sono un artista e un docente universitario italiano di etnia rom, e appartengo alla comunità di
più antico insediamento fra quelle del Sud Italia. I Rom e i Sinti sono presenti in Italia sin dal
1400. Oggi nel nostro Paese vivono circa 180 mila Rom e Sinti, ma non siamo ancora
ufficialmente riconosciuti come minoranza etnica, a differenza di altre 12 minoranze già
tutelate.
Lei parla spesso di memoria storica. Qual è il rapporto tra il popolo rom e la tragedia del
nazifascismo?
Il popolo rom è stato una delle grandi vittime del nazifascismo. Più di mezzo milione di rom e
sinti furono massacrati durante la Seconda Guerra Mondiale. La notte tra il 2 e il 3 agosto 1944
è quella in cui si ricorda il Samudaripen, lo sterminio avvenuto ad Auschwitz nel
Zigeunerfamilienlager, il lager delle famiglie romanès. È una pagina di storia ancora poco
conosciuta. A questo ho dedicato la poesia Auschwitz, incisa nel Memoriale di Berlino
inaugurato nel 2010 con la cancelliera Angela Merkel e il Presidente della Repubblica di
Germania.
Cosa significa per le nuove generazioni rom e sinti mantenere viva la memoria del
Samudaripen?
I giovani rom e sinti, così come i giovani italiani, devono essere istruiti e sensibilizzati. Alcuni
hanno memoria diretta perché i nonni o bisnonni furono vittime del nazifascismo; altri hanno
conosciuto questa storia attraverso la musica e la letteratura romanì. È importante diffondere
il termine Samudaripen, che significa “tutti morti, genocidio, sterminio”, ma che in Italia è
ancora poco noto.
Oltre all’impegno civile e culturale, lei è soprattutto un musicista. Come descriverebbe
la sua musica?
La mia musica è un misto di tradizione e innovazione. Lavoro su due livelli: da una parte la
musica romanì tradizionale, che eseguo sempre nella sua forma originale; dall’altra le mie
composizioni, che rielaborano strutture modali antiche e strutture tonali più moderne. Così ho
elevato la musica romanì al livello di etnosinfonismo, creando un ponte con la musica colta
europea.
Quali sono state le sue esperienze più significative sul palco?
Con l’Alexian Group e l’Orchestra Europea per la Pace ho suonato in Italia e all’estero, in festival
etnici, nei grandi teatri, nelle cattedrali, persino in mondovisione per Papa Benedetto XVI e più
volte per Papa Francesco. Portare la musica romanı̀ in luoghi da cui era sempre stata esclusa è
per me un grande riscatto.
La musica romanì è stata fonte di ispirazione anche per i grandi compositori europei.
Qual è la sua visione di questo rapporto?
Durante il Romanticismo, i compositori europei hanno attinto a piene mani dalla nostra
tradizione. Io ho fatto il contrario: ho utilizzato l’orchestra classica per potenziare la musica
romanì. Questa musica, trasmessa oralmente con il metodo imitativo tipico dell’India, porta con
sé influenze persiane, greco-bizantine e ottomane. La storia del popolo rom è anche una storia
di incontri musicali.
Nella sua carriera ha collaborato con importanti musicisti anche di altre tradizioni. Quali
esperienze ricorda con maggiore emozione?
Storicamente c’è sempre stato un legame fortissimo con la musica ebraica: i nostri linguaggi
modali sono simili, al punto che spesso rom ed ebrei suonavano insieme. Io stesso ho
collaborato con Miriam Meghnagi e con l’orchestra multietnica di Arezzo diretta da Enrico
Fink, con cui ho realizzato l’album Romanò Simchà (“festa ebraica rom”).
Con il suo gruppo porta la musica romanì nei più importanti palcoscenici. Qual è il
messaggio che vuole trasmettere al pubblico?
Il mio contributo artistico è a difesa dell’identità e della cultura romanì, un patrimonio che
appartiene a tutta l’umanità. Perdere questa eredità sarebbe un sacrilegio. Con l’Alexian Group
e l’Orchestra Europea per la Pace porto la nostra musica nei grandi teatri, nei festival, nelle
università, persino nelle cattedrali e nei luoghi istituzionali da cui era sempre stata esclusa. È
un messaggio universale di pace, dialogo e bellezza.
Lei è anche docente universitario. Qual è il valore della formazione accademica in questo
percorso?
Ho insegnato in diverse università italiane, oggi ho un corso all’Università La Sapienza di Roma.
L’attività accademica è fondamentale: serve a formare i giovani senza stereotipi, permettendo
loro di acquisire conoscenza storica, linguistica e culturale del mondo romanò. In Italia c’è
ancora poca valorizzazione, ma in altri Paesi europei la consapevolezza è molto maggiore. Spero
che le nuove generazioni contribuiscano a cambiare questa situazione.
Che ruolo hanno oggi i giovani rom nel mantenimento della tradizione?
Vivono spesso una doppia identità: italiani fuori casa, rom o sinti all’interno della comunità. Ma
questo non è un limite, è la nostra forza. La nostra cultura ha sempre saputo assorbire elementi
esterni, rielaborandoli in modo originale. È il segreto della nostra lunga esistenza.
Guardando al futuro, quali sono le prospettive della musica romanì a livello
internazionale?
La musica romanì è già diventata patrimonio nazionale in diversi Paesi: il flamenco in Spagna,
il jazz manouche in Francia, lo swing sinto in Germania, la musica balcanica nell’Est Europa. I
festival internazionali, come il Khamoro di Praga, dimostrano quanto sia apprezzata. In Italia
invece c’è ancora tanto da fare. La mia missione è proprio questa: valorizzare la musica romanì
etnosinfonica e diffonderla come patrimonio artistico e culturale europeo.

Ultima modifica il Martedì, 02 Settembre 2025 08:51