Le coperte erano sempre pesanti, soffocanti, infeltrite, sgualcite. Violentate dai piedi nudi dei sogni della notte. Incubi, in realtà erano incubi. La donna sognava sempre grosse piante carnivore con busti pelosi e acuminati e altrettanti ragni panciuti con volti di maschere orrende nere e rosse e affilati coltelli di denti nelle bocche sbilenche. Le tendine delle finestre erano verdi grigiastre, da lì, spostate con le dita, filtravano guardinghi e timidi i primi raggi di un sole freddo di febbraio. Erano le 7,40 e con le stesse dita lei stringeva la macchinetta del caffè. I piedi gelati baciavano il pavimento di marmo, le sue labbra invece non baciavano nessuno da tempo ed erano diventate bianche e screpolate. Ogni giorno, il suo cuore malconcio ne ticchettava un tempo andato e questo orologio ne piangeva lancette senza abbracci. Si sedeva, la poverina, verso le 13,50 ogni dì a sfogliare margherite di plastica bianca, candide e pulite, con le sue dita affusolate. Le margherite erano di plastica sì, perché a febbraio non fioriscono margherite vere, così come sapeva bene che nel suo cuore non sarebbe più fiorito un autentico amore. Poi si addormentava ogni giorno per attendere il tramonto, ma si faceva subito sera. Un giorno, sul far del tramonto, dal suo dondolo, la sua ciocca d'ebano di capelli crespi esposta al vento dormiente e le dita che stringevano in mano il fiore finto di margherita furono svegliati da due bellissimi occhi neri di corvo di uomo che passavano di lì per caso. In quel giorno, a febbraio, presso quella casa, presso quello stesso cuore di donna, fiorirono bianchissime margherite vere ed un autentico eterno amore.
Manuela Prosperi Autrice Tutti i diritti riservati