Lunedì, 22 Marzo 2021 18:34

Spegni la luce. La prima parte del romanzo inedito di Silvio Madonna

Scritto da Silvio Madonna

Un romanzo inedito scritto da Silvio Madonna molto delicato ispirato da una storia vera.

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Metropoli

Da sempre la grande città esercita il suo indubbio fascino sui giovani: meno sugli adulti che la vivono con ridotta passionalità cogliendone le asprezze del quotidiano.

Per un adolescente crescere in una metropoli è quanto di meglio possa capitare e Roma possiede tutte le peculiarità del caso: capitale d’Italia, multi etnica, conciliante con ogni credo.

Ma è anche una città che ti logora, nella quale è impossibile mantenere la parola data per un appuntamento, in cui gli scioperi senza distinzioni di categoria finiscono ogni volta per penalizzarti, dove vivere costa molto più che in provincia e in cui le distanze, anche tra un quartiere e l’altro, spesso scoraggiano la sola idea di uscire!

Ma è pur sempre la città dove ti senti davvero un cosmopolita, dove è naturale potersi e doversi confrontare con gli altri cittadini del mondo con la sola controindicazione, paradossale conseguenza di una vita vorticosa, dell’eccessiva difficoltà in cui ci s’imbatte nel volersi conoscere dentro andando oltre la corteccia esteriore.

L’offerta vastissima in termini numerici di possibili incontri è bilanciata dalla scarsità di pause e dai tempi sempre più asfittici: si finisce più ad essere spettatori di quanto la scena offre che attori.

Un pomeriggio ci s’imbatte al bar in chi ti accende interesse per poi meravigliarsi, dopo poche parole, che si abita nello stesso condominio da anni senza per questo essersi mai incontrati!

Per poi magari non vedersi più neanche per sbaglio!

Giorgia

 

Giorgia ha sedici anni e frequenta il terzo anno del Liceo Artistico: è una bella ragazza, alta e mora, anche se tutti, sentendone il nome, chissà perché poi se l’immagino bionda e con gli occhi azzurri.

I suoi invece tendenti al verde smeraldo, tagliati e marcati da sopracciglia corvine che ne accendono la luminosità.

Il suo limite, peraltro cercato, sta nel dimostrare qualche anno in più: per il trucco pesante che ostenta sposato al modo di infagottarsi molto out.

Bastava poi sentirla parlare, ridere o fare il broncio per capire che l’età era quella che era.

In famiglia non ha mai dato problemi se non i soliti conseguenza di una insaziabile voglia di maggiore autonomia: suo padre e sua madre, ministeriali e ancora giovani, faticavano ad accontentarla.

Per Gino, suo fratello diciannovenne appena diplomato ragioniere e in attesa di svolgere il servizio civile per poi decidere cosa fare del suo futuro, come maschio era stato più facile: lei invece, anche se i suoi si professavano dei progressisti, restava la bambina di casa, che andava protetta e tenuta più a freno.

Ma per capacità dialettica, intelligenza, astuzia e tenacia era riuscita a limare quel gap e a poter avere una vita alla pari con quella di suo fratello.

Oltre a studiare con profitto frequenta una scuola di danza moderna, odia il calcio e stravede per l’equitazione.

I suoi genitori non sanno, come se questo fosse un fatto talmente privato da tenere per se, che spesso si reca alle Capannelle a vedere come si addestrano i purosangue: ha fatto amicizia con uno che in quell’ippodromo ci lavora e ci vive, Dragan, un macedone di trent’anni, con il quale ha instaurato un rapporto di profonda amicizia in forza di quella passione comune che li lega ai cavalli, e che, quando può, le fa montare Anita, una puledra stupenda che ogni volta sembra quasi riconoscerla.

Giorgia padroneggia l’arte del disegno e il fine settimana lo passa in un ristorante di Montesacro a fare ritratti, a matita, ai clienti presenti: ma solo a quelli che ritiene degni della sua verve pittorica.

Per quanto poco c’impiega neanche se ne accorgono di essere suoi modelli: è il ristoratore a mostrare loro con orgoglio il tratteggio e a proporre di acquistarlo facendo una libera offerta alla giovane artista.

Cosa che accade ogni volta per come sono belli, intensi, immediati.

Andrea

 

Andrea incarna la sintesi di una certa cultura adolescenziale capitolina: il bulletto della Roma bene.

Ha sedici anni, frequenta il terzo anno dello Scientifico e ha dei genitori cinquantenni: il padre è un affermato ginecologo ospedaliero con un proprio studio privato, la madre è una casalinga con la vocazione esagerata della catechesi parrocchiale.

Ha una sorella, Chiara, di ventun’anni, universitaria alla facoltà di psicologia: non proprio una bellezza ma con un cervello che non è secondo a nessuno.

Anche lui non è proprio il clone di Tom Cruise: forse anche per questo ha dei gratuiti atteggiamenti da teppistello che, secondo il suo modo di pensare tipico di chi è ancora immaturo, lo aiutano a superare, con le ragazze, quel primo impatto che per esteriorità non lo vede di certo primeggiare.

I suoi genitori - in particolare il padre, più concreto e meno assorbito dalla spiritualità dilagante di sua moglie - conoscono le sue problematiche: che si acuiscono per il fatto di appartenere ad una famiglia benestante, socialmente un gradino più su delle altre, anche se loro non fanno nulla per ostentare questa diversa collocazione sociale.

Risiedono in un anonimo appartamento di via Animuccia, al quarto piano di uno stabile fine anni cinquanta proprio di fronte a quello della famiglia di Giorgia, a meno di dieci metri di distanza.

Andrea, tra i vantaggi taciuti di una posizione economica famigliare medio alta, ha quello della seconda casa al mare, sull’Adriatico, nell’incantevole frazione di Villa Rosa, in provincia di Teramo, al confine tra l’Abruzzo e le Marche, dove suo padre investì, appena sposato, i primi guadagni in un accogliente rifugio tra il tracciato ferroviario e la costa, ad una spanna dall’arenile dalla sabbia fine e argentata: ne fa un uso saltuario soprattutto da quando gli è consentito, purché resti con lui Chiara, di restare in città quando i genitori vi si fiondano per brevi periodi di relax.

Un ragazzo con un malcelato complesso per la sua non elevata statura, ma piacevole quando vuole scoprirsi per quello che è.

Come sua sorella è assai dotato di materia grigia: ottiene senza troppo sforzarsi risultati brillanti in ogni materia finendo per sentirsi paradossalmente in colpa con se stesso, temendo di essere frainteso dai compagni di classe come un secchione figlio di papà!

E così altera la propria indole: da dolce in irascibile, da pacifista in guerrafondaio, da rispettoso delle ragazze in uno capace di vomitare le peggio cose su di loro, e tutte inventate, per darsi arie da uomo vissuto e in fondo annoiato.

Le amiche di Chiara

 

Chiara doveva restare figlia unica, con suo padre troppo preso dall’amore per la sua professione e sua madre da un volontariato full-time: invece dopo un lustro venne alla luce il maschio di famiglia.

Concreta, disponibile, era solita, in assenza dei genitori, invitare a casa alcune sue amiche e far passare loro la notte lì, visto che a forza di chiacchierare, bere, fumare… a volte anche uno spinello, si faceva sempre molto tardi.

L’aria nei loro meeting infuocati tracimava di sessualità: sapevano che Andrea era incline ad origliare, ma volutamente infischiandosene discernevano di erotismo, di trasgressione, di amori saffici e omosessualità maschile.

Senza badare se il colto o il lasciato potessero turbare in qualche modo la sua crescita.

In quel gioco mai uguale si eccitavano doppiamente: a parlarne e a farsi sentire.

A volte non finiva lì: una usciva dal pensatoio con la scusa di andare in bagno e, all’insaputa di chi la stava ospitando, entrava nella stanza di Andrea per sfotterlo, per provocarlo e di riflesso divertirsi per quel suo evidente mostrarsi a disagio, magari mostrando le gambe, il perizoma, o un capezzolo! Chiedendogli con lo sguardo invasato come la trovasse, se fosse eccitato, se avesse avuto voglia di masturbarsi o di farselo fare.

Andrea vive con questo segreto: ne ha parlato, se così si può dire, solo al meticcio Sam, l’unico con cui aprirsi senza farsi dare del bugiardo.

Il guaio era che ogni ragazza non sapeva che le altre agivano con lui alla stessa maniera: ognuna credeva di essere unica in quelle confidenze esagerate e certa di restare al riparo da ogni eventuale sua denuncia in tal senso.

Del resto lo affermava anche sua sorella: Andrea non è del tutto normale!

E se anche avesse riferito qualcosa chi avrebbe creduto alle sue parole?

Di conseguenza pur non avendo mai avuta una fidanzatina Andrea è un uomo navigato.

Ha perso la sua verginità a tredici anni per gioco, o così gli era stato fatto credere, e ha fatto all’amore con ragazze belle e brutte senza mai provare piacere: solo per curiosità altrui, per costrizione, a volte per paura.

Sesso in ogni salsa: ma sempre di fretta, quella necessaria per giustificare un’assenza di pochi minuti per rinfrescarsi.

Andrea non intende perché questo sia potuto accadere e continui a verificarsi: forse il suo dare l’impressione di essere fuori dal mondo, a tratti isolato, lo rende stuzzicante a chi crede in quel modo di ravvivarlo.

 

Anche per questo è un single: la cosa preoccupa i suoi genitori, che lo vorrebbero mano nella mano con la ragazzina perbene a darsi qualche bacio furtivo stretti sul divano davanti ad un piatto di patatine, a vincere quella timidezza innata che sembra spalmata sulla sua pelle.

Neanche lontanamente vagheggiano il suo tormento quando, da solo in casa con le amiche di Chiara, sa che la porta della sua camera sta per aprirsi e che non potrà fare nulla per evitare una sgradita attenzione.

Non può: ormai neanche più vuole!

I vetri appannati

 

E’ incredibile come a Roma si possa per mesi non conoscere la persona che abita nel palazzo di fronte e magari avvicinare chi vive in un quartiere distante un casino.

Per un giovane è un po’ come navigare in una chat: ti presenti a tanti, esageri in mille domande, guadagni altrettante riposte, ma alla fine, quando svicoli dalla Rete, sei di nuovo solo, forse anche più di prima.

E ti accorgi, deprimendoti, che quel confondersi ammiccando è solo una sensazione impalpabile.

Giorgia e Andrea hanno la stessa età, abitano nella stessa via in palazzi che si fronteggiano, frequentano istituti nello stesso quartiere, escono alla stessa ora di casa al mattino, assaltano lo stesso bus alla medesima fermata, eppure non hanno mai incrociato i loro sguardi.

Sicuramente sarà accaduto tante volte, persino di criticarsi senza volerlo per un vestito azzardato o un atteggiamento fuori luogo.

Eppure, se singolarmente fosse chiesto dell’altro o dell’altra avrebbero decisamente giurato:

mai visto… mai vista!

Questo sino a quando il caso non volle che i loro occhi si prendessero per la prima volta dalle rispettive tane nel pomeriggio di un piovoso martedì di gennaio, quando distrattamente fissavano dalle rispettive finestre le macchine impazzire nel solito traffico e meccanicamente iniziarono, con il dorso della mano, a spannarne i vetri.

Furono attratti, quasi che stessero davanti ad uno specchio, dal gesto simile che dalla stanza di fronte un proprio simile stava compiendo.

Giorgia ruotava in senso orario la sua mano destra, Andrea la imitava.

E fissandosi la loro attenzione, inizialmente presa dal serpentone di auto e dalla sonorità di un interminabile strombazzamento, fu rapita dall’espressività stupita dei loro volti.

Schiacciarono i loro visi sulla lastra sottile per quella sfida non dichiarata tra chi, dei due, per primo si fosse ritirato per vergogna o perché conscio di quel fare senza senso.

Rimasero così dieci minuti e forse quel gioco sarebbe andato avanti anche più se Giorgia non fosse stata chiamata e avesse dovuto abbandonare la sua postazione.

Quando ci tornò non trovò più quel volto inquadrato.

 

 

Continua...

 

 

 

 

 

Ultima modifica il Lunedì, 29 Marzo 2021 17:55