Fu un tenimento Longobardo ed era parte della Contea di Bojano; con i Normanni il borgo venne aggregato alla Contea di Molise. I signori di Roccamandolfi furono i conti di Pannone (poi diventato Pandone).
Nel 1195 il maniero di Roccamadolfi vi trovò rifugio Ruggero di Mandra, conte di Molise, il quale successivamente, contrastò nei limiti possibile, l'assedio del maniero, da parte delle truppe imperiali di Federici II, finché non fu costretto ad arrendersi. Nel 1220 l'imperatore Federico II ordinò la distruzione della fortezza che potevano rappresentare un pericolo per il proprio potere. Ma Tommaso da Celano, conte di Molise disubbidì a Federico II e cominciò la eroica difesa del castello insieme alla sua famiglia. Una notte il conte uscì dalla rocca per riprendersi il castello di Celano lasciando il castello nelle mani della moglie Giuditta, che nonostante la stenua e disperata difesa stante dovette cedette il maniero nel 1223. La Rocca Maginulfi fu distrutta dal conte di Acerra, Tommaso I d'Aquino, per volere del re. Il borgo fu riedificato più a valle dove sorge l'odierna Roccamandolfi. L'etimo del nome è di origine longobarda, e cioè, Rocca di Maginulfo.
“Nel paese di Roccamandolfi fino agli anni sessanta si praticava la "pesatura del corpo in cambio della grazia", usanza di origine orientale che ricorda alcune tradizioni medio-orientali ma anche la pesatura del cuore dei morti da parte del Dio Anubi nella cultura egizia antica. Nella piccola Chiesa dei Santi, in cui si venera ancora oggi, tra gli altri, San Donato Vescovo d'Arezzo, si pesava un bambino o chiunque richiedeva la guarigione al Santo e in cambio di questa gli si offriva una quantità di grano o di cereali pari al peso della persona che aveva bisogno dell'intervento miracoloso. La pratica serviva più spesso per cercare di curare le malattie che un tempo era impossibile "tenere a bada" in alcun modo, tra cui ricordiamo l'epilessia. La ricerca affannosa del popolo per curare questi disturbi ha fatto sì che i tutti i mali incurabili e dalle origini poco chiare vengano dette in dialetto (roccolano ma anche nel resto del Molise): "lə malə də Sandə Dənàtə" ossia il male di San Donato. Il Santuario di San Liberato è un tempietto ricavato nell'abside della Chiesa di San Giacomo Maggiore, ma attualmente l'intero edificio sacro è considerato sia "Santuario di San Liberato" che "Chiesa di San Giacomo il Maggiore", in cui sono conservate, quindi, anche alcune reliquie del Santo Apostolo.”1
Tra le tante leggende che sono fiorite intorno a questo maniero c’è una particolare che racconta che all'interno del castello vivessero le fate che poi si trasferirono nei boschi circostanti il maniero. Pare che i signori del castello di Roccamandolfi praticassero lo “Jus primae noctis” cioè “il Diritto della Prima Notte”; una di queste donne che doveva subire questa orribile legge prima di entrare nelle stanze del signore del castello si buttò dalle mura del castello pur di non subire l’onta di tale costume, ma… la donna venne salvata, prima di stramazzare al suolo, dalle fate diventando una di loro! Si racconta che nelle notti di luna piena si vede una figura di donna diafana aggirarsi nelle vicinanze dei ruderi del castello!