Mercoledì, 04 Novembre 2020 16:35

Abruzzo. Un anello con lode a Madre Terra

Scritto da Luciano Pellegrini

Considerando il bel tempo con giornate calde e soleggiate, ma con il sole che tramonta presto, meglio restare vicini alla residenza, così il trasferimento per la località di partenza è breve.

Ho unito alla escursione, l’incantesimo del FOLIAGE … (Il fogliame che nella stagione autunnale, assume varie tonalità di giallo, arancione, rosso, viola e marrone, mescolandosi con il verde). Mi sono lasciato rapire da questa miscellanea di colori, che nessun pittore è capace di riprodurre e dall’atmosfera creata. Ho camminato per i sentieri come un attore, che recita in questo scenario. Le foglie scendono volteggiando sul mio volto, mi accarezzano, si posano sul terreno. Le calpesto, cerco di non procurare dolore, il sentiero è coperto da questo lenzuolo colorato. Mi commuovo pensando alla natura vituperata, che ci regala ogni anno, questo quadro. Spontaneamente applaudo, prometto di impegnarmi ancora e con più forza, per difenderla, sperando che anche altri rispettosi della natura, mi diano una mano. La natura accetta il mio applauso e mi ricompensa, staccando dai rami le foglie più belle, più colorate. GRAZIE… EVVIVA! L’anello scelto inizia dalla località Balzolo di Pennapiedimonte CH (710m), nel Parco Nazionale della Maiella. Il sentiero è il G2, percorrendo la carrareccia della valle del Torrente Avella, (Il nome AVELLA ha origine dalle piante dell’Avellana, coltivate su questa valle, che producono il frutto del nocciolo), che è stata realizzata fra il 1967 e il1972.

La carrareccia ideata nel periodo fascista, fra il 1924 e il 1927, serve per fare la manutenzione ai tubi dell’acquedotto. Arrivo alla vicina cappella del Balzolo, dove lo scultore Antonio di Campli, ha realizzato una scultura sulla parete della montagna, che raffigura il pastore Domenico (Mimì) Di Bello, di Pennapiedimonte CH, morto in circostanze non ancora chiare.

Ha sostenuto questo lavoro il fratello di Mimì, Benedetto, anche lui pastore e conoscitore profondo della valle. Nella scultura c’è un GECO, (un tipo di lucertola), che secondo me, è stato scelto dallo scultore, perché indica la capacità di adattarsi, oltre al potere di sopravvivenza agli ostacoli della vita. Arrivo al belvedere i “trè candìunë, i tre Cantoni”, (spuntone, sporgenza, punta), (770 m). Sulla destra c’è un inizio di sentiero… poco visibile, che porta al “traforo”, ottenuto perforando un muro di roccia. Per agevolare i pastori che raggiungevano le loro grotte sul sentiero scomodo ed esposto, si è realizzato, appunto, questo passaggio. Sulla parete interna della cavità, sono visibili alcune stalattiti fossilizzati. Inizia ora, un sentiero pastorale ripido, faticoso, scivoloso, umido, con tratti esposti, chiuso da rovi e varia vegetazione, insomma bisogna fare molta attenzione, specialmente a non perdere la sua traccia. Arrivo al PASSO DELL’ORSO (984 m), UN TERRAZZO MOLTO PANORAMICO.

Il toponimo ORSO non ha in realtà, nessun legame con L’ORSO ANIMALE …ma significa, “arso” …perché la salita è ripida, impegnativa, esposta a sud, quindi molto calda. Sopra di me, c’è una enorme grotta che somiglia ad un animale preistorico, la rùttë dë la cavalìrë, il roccione della CAVALIERA (1141 m), con la testa a forma di cavallo. CHE BELLEZZA! Arrivato a questa grotta, certamente la più grande, resto muto, mi giro, mi affaccio, contemplo il panorama, cammino sui ceppi e il letame. All’ingresso della seconda grotta interna, resto affascinato, incredulo, nel vedere una scultura che rappresenta il maiale! La testa, il naso, la bocca, il mento, il collo, l’occhio, la schiena… emozionante! L’ha scolpito la mano invisibile di uno scultore? Lo so, è pura immaginazione, ma non si può restare insensibili a ciò che l’ecosistema ha creato. Da informazioni avute dai pastori, il vero nome è GROTTA DI SANT’ANNA, perché i frati eremiti, che alloggiavano all’eremo di “fratanòllë”, FRATANALLE (950 m), più a valle, celebravano la messa in onore di questa santa. Seguito il cammino e fra alcuni passaggi esposti, arrivo a l'àrë dë li prìtë, ARA DEI PRETI (1206 m), uno spiazzo che era proprietà degli eremiti.

Il Rifugio Pischioli (1135 m) è vicino.

Per tornare al Balzolo, ho preferito fare il sentiero boscoso numero 3, che passa nella zona “lu ceràscë”, IL CILIEGIO, dove c’è un rudere con delle incisioni da interpretare. Questa era una zona frequentata, coltivata e ci sono ancora i terrazzamenti. La scelta anche per fotografare il… FOLIAGE! Quindi, chiudo l’anello con il ritorno al Balzolo. Concludo ringraziando MADRE TERRA per il regalo che mi/ci fa, ma attenzione… ci sta avvisando con il CAMBIAMENTO CLIMATICO, a rispettarla!

P.S. 1 - Circa duecento anni fa, i pastori residenti a Pennapiedimonte, abili scalpellini, iniziarono a individuare le grotte per abitarci. Grotte situate in posti dove anche oggi è difficile arrivare. Cercare di comprendere il significato originario dei nomi di queste grotte è impossibile. I pastori più vecchi non mi hanno fornito indicazioni affidabili. Il loro nome, spesso incomprensibile, potrebbe avere origine o dal soprannome del pastore o dalla zona dove esso si trovava. La pastorizia, un lavoro duro e fatto di sacrifici, era fonte di reddito. Per rendere abitabili le grotte, i pastori si sono arrangiati, con i pochi mezzi che avevano a disposizione, nel trovare le pietre, scolpirle, alzare il muro, ricavare il focolare, la finestra, adattare altri miglioramenti per viverci. L’erba non mancava, e l’acqua, sia sorgiva che piovana che occorreva per abbeverare il gregge, spesso gocciolava dalle pareti della loro grotta. Veniva raccolta realizzando nella roccia cavità e canali. Per circa due secoli queste grotte sono state custodite da padre in figlio. Il pastore trascorreva la sua giornata solitaria, da nomade, accudendo al gregge, ricavando latte che serviva per il formaggio. Chi aveva lo stazzo/grotta lontano dal paese, restava anche una settimana lontano dalla famiglia. Oggi, la pastorizia non esiste più. I sentieri pastorali per raggiungere le grotte, causa le frane, la vegetazione invasiva, il dissesto idrogeologico, scompariranno per sempre, anche se qualche escursionista cerca di rendersi utile, ripulendoli con una “sforbiciata”, che non è sufficiente. E’ un patrimonio che verrà perso, dimenticato. Chi dovrebbe intervenire?

2 - Un’altra riflessione è osservare le sculture naturali rocciose che si sono create con la formazione del pianeta. Non ci vuole tanta fantasia nel distinguere in queste sculture che raffigurano animali, strumenti e volti umani, con la forma del coccodrillo, il cavallo, la lepre, il maiale, il leone, la chitarra. Questa illusione ottica, si definisce con il sostantivo “PAREIDOLIA”.

3 - Papa Francesco, con l’enciclica “Laudato si' “, il cui argomento principale è il rispetto dell'ambiente, ha cercato di sensibilizzare i potenti della terra, con scarso risultato. La soluzione è del premio Pulitzer Edward O. Wilson, biologo, da sempre interessato al rapporto tra l’uomo, l’ambiente e le altre specie animali. Ha proposto una soluzione radicale che è proporzionale alla gravità del problema che abbiamo di fronte. “Bisogna riservare metà del pianeta a noi e l’altra metà, a un’immensa e inviolabile riserva naturale”.

Dislivello: +/- 600 m Tempo: 4 ore e 30 min. S.S. distanza: A/R 10 km difficoltà: T/E/EE qualche passaggio di 1°grado