Errore, dunque, come confine dell’emozione, errare, allora presume coraggio al momento della sperimentazione; nessuna emozione, o ancor peggio, nessuna mutazione o superamento esiste senza errore. Una vota eliminato l’errore, l’arte è comunicazione pura e fredda, e dunque “incriticabile”. La non criticabilità, è paradigma prossimo all’immobilità, in altri termini , antidialettico e sterile. Si parla tanto, e da sempre di professionalità nel mondo del teatro, ma questa espressione, altro non è che l’aberrazione intellettuale di certuni operatori del teatro di parola, allo stesso modo l’efficienza, né è la legittima “ gemella”, spesso si cade nella trappola, o diventa sinonimo, di “afonia ideologica”.
Moltà attorialità, gioca molto sulla parola ben pronunciata, scandita ai massimi sistemi fonatori, in pratica , una tipologia di recitazione che è di per se fredda e tutt’altro che emozionale; attori perfetti nella dizione, ma “falsi” da sembrare artefatti pupazzi, spesso inguardabili. Più di una volta ho avuto questa sensazione, frequentando da una vita platee. Attori anche locali, apparivano sulle tavole con perfetta dizione, ma recitazione palesemente falsata o improbabile, e asettica, altre volte di contro, attori bravissimi, che donano emozioni, ti lasciano soddisfatto, con una dizione spesso discutibile, o meglio non proprio perfetta, ma che emana brividi, da vero teatro.
E’ l’idea di professionalità, che certa intellighentsja teatrale propone e ne fa proprio vessillo; ma in realtà scivola nell’alibi “banale” del pessimo gusto della borghesia “colta”. Una modalità scenica che impone sul palco una narrazione alla pari di un prodotto commerciale, un lavoro realizzato da artisti poco più che mediocri, o di talento accettabile. La classica tranquillità culturale, che contenta la coscienza sociale della borghesia che vuole raccontarsi colta; una situazione appena sopra la decenza, ma nettamente al di sotto di emozioni inarrivabili.