Mercoledì, 02 Luglio 2025 17:32

Il non-finito nel cinema: opere mai nate, eppure leggendarie In evidenza

Scritto da Carlo Di Stanislao

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Se nell’arte il non-finito è spesso una dimensione creativa e suggestiva, anche il cinema — pur essendo un’arte tecnologica, narrativa e produttiva — conosce esempi profondi e commoventi di film mai realizzati, interrotti, o rimasti in una fase progettuale avanzatissima. Opere che, pur non esistendo, hanno lasciato un’impronta vera, come fantasmi illustri nella memoria collettiva del cinema.

Uno dei casi più emblematici è "Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet", il film che Federico Fellini ha desiderato, scritto, disegnato e perfino parzialmente girato, ma che non ha mai realizzato. Si trattava di un’opera onirica e metafisica, il racconto del viaggio nell’aldilà di un musicista morto in un incidente aereo: un tema esistenziale e surreale che anticipava Prova d’orchestra e La voce della luna. Fellini arrivò a costruire scenografie, girare prove, coinvolgere Marcello Mastroianni come protagonista. Ma poi, come per Leonardo davanti alla parete della Battaglia, si fermò. Forse per timore di affrontare il mistero della morte con troppa frontalità. Forse per una forma di autocensura poetica.
Il film non fu mai girato, eppure esiste: nei fumetti che ne ha tratto Milo Manara, negli storyboard, nei copioni, nei racconti dello stesso Fellini. Il Mastorna è diventato il simbolo del film impossibile, il "quaderno" in cui Fellini ha scritto la sua ossessione più intima.

Un’altra opera rimasta incompiuta — e anch’essa leggendaria — è la "Guerra e Pace" di Sergio Leone. Dopo il successo del suo capolavoro C’era una volta in America, Leone sognava di adattare in chiave cinematografica il grande romanzo di Lev Tolstoj, con una produzione immensa, girata tra Russia, Francia e Italia. Aveva già scritto una sceneggiatura monumentale, e discusso con attori internazionali, tra cui Robert De Niro e Clint Eastwood. Ma Leone morì nel 1989, poco prima di iniziare le riprese.
Come il Leonardo del Salone dei Cinquecento, anche Leone ha lasciato solo i disegni, le tracce preparatorie, il sogno. E quel sogno, ancora oggi, alimenta il culto intorno a lui.

Il potere delle opere che non esistono

Queste opere mai completate – o mai iniziate – non sono semplici mancanze. Sono, in molti casi, luoghi mentali. Rappresentano la zona d’ombra dell’arte, il punto in cui il desiderio e la creazione si arrestano sull’orlo del possibile. Eppure, proprio in questa soglia, l’arte acquista un’altra forma di grandezza: quella della suggestione, dell’attesa, della tensione verso l’ideale.

Come la Battaglia di Anghiari di Leonardo, come i progetti visionari di Fellini e Leone, queste opere non viste esercitano una forza immaginifica potente. Perché, come nel mito platonico, ciò che non si manifesta pienamente nel mondo sensibile può raggiungere, paradossalmente, un livello superiore di purezza e di proiezione ideale.

Il non-finito, nel cinema come nella pittura, non è solo un’interruzione: è una forma poetica. È la memoria di ciò che poteva essere, e spesso l’essenza di ciò che è stato davvero importante.

Conclusione: ciò che non si vede, ma resta

Dall’affresco svanito di Leonardo alla pellicola mai girata da Fellini, l’arte ci insegna che il compimento non è sempre la misura del valore. Talvolta, le opere più potenti sono quelle che non si lasciano possedere, ma che restano sospese tra la realtà e l’immaginazione. Come miraggi.

Ciò che perdiamo non è solo privazione: è anche spazio per il desiderio, per la ricerca, per il mistero. E nell’epoca della visibilità assoluta, forse è proprio questo — ciò che manca — ad avere il potere più grande.

“Il film che non ho fatto è sempre il più bello.”
— Federico Fellini