La canzone ha forse il sound più particolare all’interno della tracklist, allontanandosi dal rock e dal punk che caratterizzano buona parte delle tracce per proporre un momento di riflessione più intimista e interiore. Quasi una naturale conseguenza quindi che il video, diretto da Filippo Toscano, Tommaso Daffinà e Martina Casetti, sia stato concepito come un’opera concettuale, realizzata peraltro con la tecnica della body projection, dove le immagini sono proiettate direttamente sopra il corpo degli attori protagonisti del video.
La resa grafica è una chiara citazione dello stesso autore: ancora una volta, il mondo di Luframilia si costruisce su ossimori visivi e sonori in cui l’onirico si fonde con la quotidianità e il buio si illumina del riflesso di una realtà parallela. Ma non si tratta solo di un inno alla resilienza e alla speranza di redenzione della società contemporanea: “l’eremita postmoderno” (per citare il titolo di un altro brano dell’artista, quasi un suo alter ego) non è più “solo” e si libera delle maschere dell’io che gli impedivano di contemplare le migliaia di frammenti di luce dentro di sé, con la consapevolezza che esiste una lotta condivisa persino nella solitudine collettiva del nostro tempo.