Le donne da divinità creatrici di vita diventano prima comprimarie e nel corso della storia sempre più comparse fino a diventare trasparenti e alla fine a scomparire dalla storia.
Alcune fonti imputano questo passaggio culturale da una società matriarcale ad una patriarcale al sincretismo cristiano e in particolar modo a Lilith che rappresenta il definitivo passaggio da divinità benefiche a quelle maligne e malefiche come le streghe e tutte le divinità demoniache diffuse durante il medioevo.
Lilith era:
“Tra le tante divinità che possono essere considerate l’anello di congiunzione tra le dee, le fate e le streghe, Lilith sembra essere quella più appropriata. Lilith è la dea della tempesta ed è un demone femminile. Fu la prima moglie di Adamo ma, disobbedendo ai voleri di suo marito, fu allontanata; nella mitologia islamica è la moglie di Iblis, il diavolo, e la madre di tutti gli spiriti maligni".
Secondo quanto afferma Fabio Truppi, Lilith non fu la sola divinità oscura dell’antica civiltà del Vicino Oriente antico. Altra terribile dea-demone mesopotamica denominata, tra l’altro, “sorella delle divinità delle Strade”, era Lamashtu.
Da entrambe deriverebbe proprio la famosa dea greca Ecate, figlia di Zeus e Latona, o di Perseo e Asteria, oppure di Ade e Demetra.
Ecate era anzitutto la personificazione della Luna, non priva di aspetti sinistri, la quale presiedeva durante la notte alle strade; la sua statua veniva posta in ogni incrocio, e incuteva paura persino agli spiriti, essendo essa la guida notturna dei morti. Fu ideata con tre teste, le tre fasi lunari, con chioma di serpi, reggente fiaccole e pugnali; siamo in presenza di una delle prime forme di Trinità divina (come per la teologia cristiana nei confronti del proprio Dio) largamente diffusa e conosciuta e di cui si hanno raffigurazioni già nel VI secolo. a.C. (una divinità analoga altrettanto importante nella cultura minoica del II millennio a.C. era stata la cosiddetta Dea dei Serpenti.)
Gli antichi greci credevano che avesse influenza sul bestiame, rendendolo fecondo o sterile a seconda del suo imperscrutabile volere; per far propendere verso la prima di tali evenienze, essi non mancavano di offrirle focacce con impressa la figura di un bue o di un ariete. La civetta era la sua messaggera sebbene nelle raffigurazioni essa poteva apparire più spesso con cani ululanti e simboli lunari; le fiaccole soprattutto significavano la sua funzione di accompagnatrice e protettrice degli uomini nella loro vita e nella strada dal mondo dei vivi a quello dei defunti.
La denominazione Hekate Kleídoukoz vale a dire “Colei che tiene la chiave”, si riferisce all’attributo divino che chiarisce come ella fosse predisposta a sorvegliare il “passaggio” dal mondo superiore al mondo infero, ctonio. Il serpente era collegato al mito del labirinto e di tale “passaggio”, ma anche al mondo degli inferi, dal momento che striscia sulla terra, divenendo poi secoli dopo, nella cristianità, il simbolo stesso del male. Presso le popolazioni di cultura celtica, tale importante divinità corrispondeva a Morrigan, la triplice dea lunare moglie del grande dio della luce Lug, di sicura derivazione dalla primigenia Dea Madre della fertilità e della vita.
L’aspetto della Trinità (la vergine, la madre e la vecchia), come risulta anche dalla statuaria celtica, è accompagnato dal simbolo della Luna giacché quest’ultima in cielo percorre il triplice ciclo di nascita, crescita e morte. (Figura letterariamente vicinissima alla Morgana arturiana, alter ego dello stesso druido Merlino). Altre figure molto simili e vicine nella loro significativa simbologia divina sono le Moire della mitologia greca, le tre divinità vestite di bianco, chiamate Cloto, Lachesi e Atropo, rappresentate nell’atto di filare i giorni della vita di ogni uomo, dalla giovinezza alla vecchiaia.
In particolare, Atropo, la più piccola di statura delle tre, era considerata anche la più terribile, anche e soprattutto perché apportatrice della morte. Tutte e tre, altamente venerate, erano la personificazione stessa del Fato ineluttabile.
Nell’antica Roma, la divinità che più di ogni altra si può accostare a Lilith è senz’altro Diana (l’Artemide dei Greci), considerata dea dei boschi e anch’essa personificazione della Luna.
Un barlume di tendenza al “rispetto” è d’altronde riscontrabile proprio nella festa a lei dedicata e celebrata dai Romani il 13 agosto, la cosiddetta “festa degli schiavi”.
Caccia alle streghe nel Medioevo
Con il crollo dell’Impero romano e la definitiva cristianizzazione dell’Occidente, tutte le divinità pagane vengono eclissate, seppure mai del tutto, mentre si assiste a un crescente e implacabile dominio dell’importanza del ruolo maschile rispetto a quello femminile. A ciò va aggiunta quella profonda crisi economica e sociale che investì il Basso Medioevo, scatenata dall’arrivo e dalla diffusione epidemica della peste in Europa, causa di uno spaventoso tracollo demografico, anzitutto, e di una esasperata paura della morte e del giudizio divino cui neppure la fede e il fervore sembravano porre rimedio.
Conseguenza dalle complesse sfaccettature di questa situazione sarà il fenomeno della caccia alle streghe, laddove la vittima sacrificale, che solo il fuoco poteva realmente purificare dal male, diveniva il bersaglio designato di un malessere ormai sfociato nel delirio più atroce e nel più buio oscurantismo (le streghe erano persino accusate di trasmettere malattie). Eppure, il fenomeno della cosiddetta “stregoneria” oggi sappiamo essere molto più razionale e stratificato, nella sua manifestazione, di quanto si è pensato per secoli, fino a tempi recenti. Nell’Europa medievale ci sono donne che, in mancanza di poteri istituzionali, tentano di far sopravvivere il proprio gruppo sociale mediante nozioni che sono state loro tramandate da tempi ancestrali, e quindi utilizzano il buon senso e la saggezza per risolvere liti, usano erbe e decotti per curare, invero, le malattie, il tutto alimentato e tenuto vivo dalla fede nei vecchi dei, molto spesso identificabili con la Natura stessa, con il mondo delle piante e degli animali.
Un concetto sempre più mal tollerato dalla Chiesa con il passare degli anni, tant’è che fu solo in un secondo tempo, quando il fenomeno divenne troppo rilevante per essere accantonato, che si ritenne necessario combatterlo, da principio classificando la stregoneria come una delle tante sette eretiche e successivamente come una categoria a parte.
Irrimediabilmente segnata appare la sorte della civetta, del gufo e del barbagianni, tutti e tre uccelli notturni, ritenuti indistintamente e simbolicamente malefici e “ctonici”, i quali divengono vittime di un ulteriore equivoco che lega la civetta alla parola “strega”; in realtà, una certa differenza tra i vari animali era comunque presente soprattutto nell’antica Grecia dove il gufo era rispettato e ritenuto una sorta di animale sacro, nonché simbolo della dea Atena, a differenza della civetta che poteva invece far parte della selvaggina con cui eventualmente cibarsi.
Strix, il mito.
La strix di cui ci parlano Plauto, Properzio, Ovidio e Plinio, quell’uccello notturno che succhia il sangue soprattutto dei bambini e che sovente si presenta come la metamorfosi di una donna malvagia o di una larva, è però identificabile specificamente con il barbagianni; eppure, in parecchi dialetti italiani la civetta (che in latino in verità è noctua) verrà chiamata in un modo che dipende proprio dalla parola strix, la cui assonanza con il termine sarà fin troppo scontata.
Lilith, riti per allontanarla
Nella traduzione rabbinica medievale, Lilith è la sposa infedele di Adamo, la preferita delle quattro mogli del Diavolo e persecutrice dei neonati; il suo odio per Eva scaturiva dal fatto che lei le aveva preso il posto nel cuore di Adamo. Lilith era talmente temuta e la convinzione del suo potere nefasto fu talmente forte nel popolo ebraico che il capofamiglia, o una persona nota per la sua pietà, attaccava alla porta, sui muri, sul letto delle scritte che dicevano “Adamo, Eva, fuori Lilith”. Qualche volta venivano aggiunti pure i nomi dei tre angeli (Sanvi, Sansanvi e Semangelof) che, incaricati di annegare Lilith nel Mar Rosso, ne ebbero pietà e la risparmiarono facendosi promettete che non avrebbe fatto del male ai bambini là dove vedeva i loro tre nomi. Mentre la notte della circoncisione, in una ricorrenza così importante per gli Ebrei, Lilith veniva allontanata con la recitazione di letture pie.
Per tutto il Medioevo la civetta Lilith è unanimemente considerata come l’aspetto femminile ancestrale della sessualità oscura, nonché essere funereo e notturno, così come descritto nei bestiari medievali, e fin troppo facilmente entrerà a far parte della tradizione esoterica e alchimistica.
Banshee, Anunnaki e stirpi potenti.
Per centinaia d’anni, dunque, la fama e l’influenza avute dal mito di Lilith si sono tramandate e preservate con una diffusione tale da ritrovare nella tradizione celtica chiari riferimenti a esso, successivamente all’importante divinità lunare di Morrigan. In particolare, è nella mitica figura irlandese della Banshee che persistono tratti evidenti celtizzati della dea Lilith e del legame con il mondo dell’oltretomba. La Banshee, così come leggiamo nel classico Dizionario irlandese, non sarebbe altro che uno spirito femminile, o fata-donna, che di notte era solita cantare lamentazioni funebri presso quella casa in cui qualcuno giaceva malato ed era vicino alla morte. Una tradizione [...] simile a quella italiana dell’Uccello della Morte [...]. Lilith, secondo la tradizione albigese, è una delle regine del Graal e, poiché gli albigesi sarebbero di razza elfica, il toponimo della loro città più importante, cioè Albi, in provenzale antico starebbe ad indicare un elfo femmina o, per estensione del significato, una fata.
Gli Elfi femmine e le Fate erano guardiani della luce, della terra, della foresta e Spiriti Elementali. Sembra che gli albigesi, cioè Albi-Gens, fossero una stirpe delle potenti divinità sumeriche chiamate Anun-na-ki, cioè “il cielo che giunge in terra” oppure “coloro che vennero dal cielo”, come alcune fonti lasciano intendere, aprendo così alla possibilità che gli Anunnaki fossero una razza aliena.”
Maleficant, Once upon time
Parlando di donne magiche non si può fare a meno di citare Maleficant vittima proprio delle lusinghe degli uomini e di un uomo in particolare che le rovinò la vita e di Grimilde e del suo alterego umana Regina della serie televisiva Once upon a time che ebbe a dire che cattivi non si nasce ma si diventa!