Sabato, 04 Novembre 2023 09:48

Il delitto Pasolini: ipotesi e complotti. Lo studio del 'male' per le 120 giornate di Sodoma.

Scritto da Angela Curatolo

L'inchiesta di oriana Fallaci aprì ad altre ipotesi

La notte del 2 novembre 1975 muore l'intellettuale e regista Pier Paolo Pasolini, a 53 anni, brutalmente assassinato, percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell'Idroscalo di Ostia, località del comune di Roma. Il cadavere massacrato viene scoperto da una donna alle 6:30 circa; sarà l'amico e attore Ninetto Davoli a riconoscerlo. Dell'omicidio è incolpato Giuseppe "Pino" Pelosi, diciassettenne di Guidonia Montecelio, già noto alla polizia come ladro di auto e "ragazzo di vita", fermato la notte stessa alla guida dell'auto dello scrittore. Pelosi afferma che era in piazza dei Cinquecento, di fronte alla stazione Termini, insieme a tre amici più grandi; dopo che era entrato nel bar Dei, Pasolini lo avrebbe avvicinato invitandolo a salire a bordo della sua automobile, un'Alfa Romeo Giulia 2000 GT Veloce, dietro la promessa di un compenso in denaro.

Dopo una cena offerta dallo scrittore nella trattoria Biondo Tevere, nei pressi della basilica di San Paolo, i due si dirigono alla periferia di Ostia. La tragedia, secondo la sentenza, scaturisce a seguito di una lite per alcune pretese sessuali di Pasolini che Pelosi non vuole soddisfare, degenerata in un alterco fuori dalla vettura. Il giovane sarebbe stato quindi colpito dallo scrittore con un bastone, del quale poi si sarebbe impadronito per percuotere Pasolini fino a farlo stramazzare al suolo, gravemente ferito ma ancora vivo. Pelosi quindi sarebbe salito a bordo dell'auto di Pasolini e avrebbe travolto più volte con le ruote il corpo, sfondandogli la gabbia toracica e provocandone la morte. Gli abiti di Pelosi non mostrano tracce di sangue. Pelosi viene condannato in primo grado per omicidio volontario in concorso con ignoti e il 4 dicembre 1976, con la sentenza della Corte d'Appello che, pur confermando la condanna dell'unico imputato, riforma parzialmente la sentenza di primo grado escludendo ogni riferimento al concorso di altre persone nell'omicidio. Gravemente malato, Pelosi è morto il 20 luglio 2017, all’età di 59 anni.

L'inchiesta di Oriana Fallaci

Due settimane dopo il delitto apparve un'inchiesta su L'Europeo con un articolo di Oriana Fallaci, che ipotizzava una premeditazione e il concorso di almeno altre due persone. Un giornalista de L'Europeo ebbe alcuni colloqui con un ragazzo che, tra molte esitazioni e alcuni momenti di isteria, avrebbe dichiarato di aver fatto parte del gruppo che aveva massacrato il poeta; il giovane, tuttavia, dopo un'iniziale collaborazione, avrebbe rifiutato di proseguire oltre o fornire altre informazioni, dileguandosi dopo aver lasciato intendere di rischiare la vita confessando la propria partecipazione e concludendo che non sarebbe stata intenzione del gruppo uccidere il poeta, ma che si sarebbe trattato di una rapina degenerata, concludendo "je volevamo solà er portafoglio" ("volevamo rubargli il portafoglio").

Diversi abitanti delle numerose abitazioni abusive esistenti in via dell'Idroscalo confidarono in seguito alla stampa di aver sentito urla concitate e rumori - indizio della presenza di ben più di due persone sul posto - e invocazioni disperate di aiuto da parte di Pasolini la notte del delitto, ma senza che alcuno fosse intervenuto in suo soccorso. Sembra che la zona non fosse ignota a Pasolini, che già varie volte vi si era recato con altri partner e addirittura, stando a quanto la Fallaci affermò, avrebbe talvolta affittato per qualche ora una delle abitazioni del posto per trascorrervi momenti di intimità.

Altre ipotesi giornalistiche.

Nella sua biografia su Pasolini Enzo Siciliano sostiene che il racconto di Pelosi presentava delle falle, perché il bastone di legno - in realtà, una tavoletta di legno utilizzata precariamente per indicare il numero civico e l'abitazione di una delle baracche - a lui sembrava marcita per l'umidità e troppo deteriorata per costituire l'arma contundente che aveva causato le gravissime ferite riscontrate sul cadavere del poeta e rimarcando l'impossibilità, per un giovane minuto come Pelosi, di sopraffare un uomo agile e forte come Pasolini senza presentare né tracce della presunta lotta, né macchie di sangue sulla sua persona o sugli indumenti.

Il film Pasolini, un delitto italiano, di Marco Tullio Giordana, uscito nel ventennale del delitto, è sceneggiato come un'inchiesta e arriva alla conclusione che Pelosi non fosse solo. Lo stesso Giordana però ha precisato, in un'intervista al Corriere della Sera, che non intendeva sostenere a tutti i costi la matrice politica nel delitto. Ha dichiarato inoltre di non escludere altre possibilità, per esempio quella di un incontro omosessuale di gruppo degenerato in violenza.

Il Pelosi e la dichiarazione del 2005

Pelosi, dopo aver mantenuto invariata la sua assunzione di colpevolezza per trent'anni, fino al maggio 2005, a sorpresa, nel corso di un'intervista televisiva a Ombre sul giallo, di Franca Leosini, ha affermato di non essere l'esecutore materiale dell'uccisione di Pier Paolo Pasolini e ha dichiarato che l'omicidio era stato commesso da altre tre persone, giunte su un'autovettura targata Catania, che a suo dire parlavano con accento "calabrese o siciliano" e, durante il massacro, avrebbero ripetutamente inveito contro il poeta gridandogli 'jarrusu' (termine gergale siciliano, utilizzato in senso dispregiativo nei confronti degli omosessuali). E, infatti, era giunta a suo tempo alle autorità una lettera anonima in cui si affermava che, la sera della morte di Pasolini, la sua auto era stata seguita da una Fiat 1300 targata CT di cui erano indicate le prime quattro cifre, ma nessuno si preoccupò mai di effettuare una verifica presso il Pubblico registro automobilistico. Pelosi ha poi fatto i nomi dei suoi presunti complici solo in un'intervista del 12 settembre 2008, pubblicata sul saggio d'inchiesta di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza "Profondo Nero" (Chiarelettere 2009). Ha aggiunto inoltre di aver celato questa rivelazione per timore di mettere a rischio l'incolumità della propria famiglia, ma di sentirsi adesso libero di parlare, dopo la morte dei genitori.

A trent'anni dalla morte, assieme alla ritrattazione di Pelosi, è emersa la testimonianza di Sergio Citti, amico e collega di Pasolini, su una sparizione di copie dell'ultimo film Salò e su un eventuale incontro con dei malavitosi per trattare la restituzione. Sergio Citti morì per cause naturali alcune settimane dopo.

Ipotesi inquietante.

Un'ipotesi molto più inquietante lo collega invece alla "lotta di potere" che prendeva forma in quegli anni nel settore petrolchimico, tra Eni e Montedison, tra Enrico Mattei e Eugenio Cefis. Pasolini, infatti, si interessò al ruolo svolto da Cefis nella storia e nella politica italiana: facendone uno dei due personaggi "chiave", assieme a Mattei, di Petrolio, il romanzo-inchiesta (uscito postumo nel 1992) al quale stava lavorando poco prima della morte. Pasolini ipotizzò, basandosi su varie fonti, che Cefis alias Troya (l'alias romanzesco di Petrolio) avesse avuto un qualche ruolo nello stragismo italiano legato al petrolio e alle trame internazionali. Secondo autori recenti fu proprio per questa indagine che Pasolini fu ucciso.

In Commissione parlamentare

Una relazione della Commissione Parlamentare Antimafia della XVIII legislatura, pur riconoscendo che "appaiono ormai del tutto improbabili soluzioni di carattere giudiziario” sostiene l’ipotesi, senza però presentare prove, che “l'omicidio di Pier Paolo Pasolini potrebbe essere legato al furto delle pellicole originali di alcune scene del suo film 'Salò e le 120 giornate di Sodoma', che era ancora in produzione: lo scrittore-regista sarebbe andato all'Idroscalo di Ostia, dove poi è stato ucciso, proprio per riuscire a recuperarle".

Quando Veltroni scrisse a Alfano.

Altri collegano la morte di Pasolini alle sue accuse a importanti politici di governo di collusione con le stragi della strategia della tensione. Walter Veltroni il 22 marzo 2010 ha scritto al Ministro della Giustizia Angelino Alfano una lettera aperta, pubblicata sul Corriere della Sera, chiedendogli la riapertura del caso, sottolineando che Pasolini è morto negli anni settanta, "anni cui si facevano stragi e si ordivano trame". Nel 2010 l'avvocato Stefano Maccioni e la criminologa Simona Ruffini hanno ricordato che i proprietari della trattoria Biondo Tevere, di cui Pasolini era cliente abituale, furono sentiti pochissime ore dopo l'identificazione del corpo ed entrambi descrissero il giovane con cui Pasolini s'era presentato la sera del delitto come alto almeno 1,70 e forse di più, con capelli lunghi e biondi, pettinati all'indietro, ovvero completamente diverso da Pelosi, che era poco più di 1,60 m, tarchiato e con folti capelli neri e ricci, secondo la moda dell'epoca. Hanno anche raccolto la dichiarazione di un nuovo testimone, cosa che ha aperto ulteriori indagini. Le nuove indagini sono state infine definitivamente archiviate all'inizio del 2015 perché non hanno portato a nulla di nuovo rispetto alla sentenza, se non ad alcune tracce di DNA sui vestiti dello scrittore di difficile attribuzione e impossibili da collocare temporalmente, se durante il delitto o nei giorni precedenti. Per completezza c'è anche da dire che molti intellettuali sostengono la verità giudiziaria, o comunque non credono a complotti.

Le 120 giornate di Sodoma, lo studio del male.

Per il suo ultimo film, interessato al romanzo di Sade, Pasolini si mise a studiare intensamente il kantiano "male radicale" che riduce l'umanità nella schiavitù del consumismo e che corrompe, manipolandole, le anime insieme ai corpi (precedentemente definiti "una terra ancora non colonizzata dal potere". Ai primi di febbraio 1975 terminò la sceneggiatura del film che non sarà mai realizzato, Il padre selvaggio, e a metà dello stesso mese cominciarono nel mantovano le riprese di Salò o le 120 giornate di Sodoma, ultimo film scritto e diretto da Pasolini, che verrà presentato al pubblico quando l'autore sarà già morto da tre settimane. Il 12 settembre 2015, in occasione del 72º festival di Venezia, il film verrà premiato nella categoria classici come miglior film restaurato.