Sabato, 10 Giugno 2023 15:18

Il delitto del Morrone, un doppio femminicidio nel cuore dell'Abruzzo.

Scritto da Angela Curatolo

E' una delle più terribili tra le tante storie di donne uccise in Abruzzo, vicende che indignano, offendono il comune senso della società ma poi vengono accantonate, dimenticate. E' bene ricordare l'accaduto per riflettere su quali progressi nella società ci sono stati in 26 anni.

 

Particolarmente cruento è un evento di cronaca nera accaduto nel bosco di Mandra Castrata, nei pressi di passo San Leonardo sul monte Morrone, alle pendici della Majella.

La natura estremamente barbara del crimine, ad opera di un pastore macedone su tre giovani in vacanza del padovano. Il caso fu accostato dai cronisti dell'epoca, proprio soffermandosi sulla violenza dell'accaduto, al massacro del Circeo, avvenuto 22 anni prima.

Una storia che sembra un racconto dell'orrore che si aggancia alle paure più ricorrenti che le donne hanno solitamente.

Era il 20 agosto 1997. Tre ragazze del padovano, due sorelle e un'amica, passeggiavano per il sentiero che porta in cima alla montagna che sovrasta la Valle Peligna e la città di Sulmona, Monte Morrone. Sospettando di essersi perse, chiesero indicazioni ad un pastore che passava di là, per arrivare in cima al monte; una delle ragazze domandò, gridando da lontano, se quella fosse la strada giusta per arrivare in vetta al monte e l'uomo fece cenno di proseguire con la mano.

L'uomo le seguì giustificando che voleva consigliare di evitare di passare davanti allo stazzo per via dei cani e si offrì cortesemente di accompagnarle per una strada alternativa, nel bosco di Mandra Castrata.

Ecco l'inaspettato corso degli eventi. Una volta arrivati ai confini del bosco, le tre ringraziarono il pastore, all'improvviso, estrasse una pistola intimando di procedere e addentrarsi tra gli alberi. Le ragazze implorarono l'aggressore di lasciarle andare, provando a offrirgli tutti i loro averi, ma l'uomo rifiutò categoricamente esplodendo due spari, centrata all'addome la prima si finse morta a terra, la seconda, invece, venne ferita mortalmente e deceduta sul colpo. Ancor più triste la morte della terza amica. Dopo una rincorsa, che si concluse con l'aggressione a sfondo sessuale, seguita dal terzo sparo muore. La prima ragazza che si finse morta riuscì a scappare fino a giungere ad un caseggiato, dove fu soccorsa e da dove vennero allertati carabinieri e ambulanze.

Le indagini si risolsero in poche ore proprio grazie alla testimonianza dell'unica sopravvissuta al massacro. Il pastore, che viveva in solitudine in uno stazzo, non fuggì, non tentò di eliminare le prove, confessò circa 24 ore dopo, il 21 agosto.

Uno degli avvocati del pastore disse che "difenderlo era un'impresa disperata". Egli stesso lo definì come un uomo dalla sconcertante "immobilità d'espressione". L'avvocato sostenne anche come le disumane condizioni in cui viveva il pastore lo avevano privato del senso civico e dell'organizzazione mentale per condurre una vita normale. L'uomo sconta la pena attualmente.

Alcune domande rimarranno senza risposta, gli strumenti che oggi ci sono all'epoca non erano ancora a dispozione degli inquirenti. Ciò che rimane è una storia molto dolorosa, accaduta in Abruzzo, da non dimenticare, l'ennesima.